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I quattro libri da leggere dei due Premi Nobel

Di Eugenia Durante • ottobre 11, 2019

Dopo lo scandalo delle molestie che l’anno scorso aveva portato alla mancata assegnazione del premio Nobel per la letteratura, quest’anno l’Accademia Svedese ci ha stupiti con due vincitori piuttosto inaspettati e all’apparenza diametralmente opposti. Ad aggiudicarsi il premio 2018 per “l’immaginazione narrativa che con enciclopedica passione rappresenta l'attraversamento dei confini come forma di vita” è la scrittrice polacca Olga Tokarczuk, mentre il riconoscimento del 2019 va all’autore tedesco Peter Handke “per il suo lavoro influente che con abilità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell’esperienza umana.”

Ma chi sono i due vincitori?

Nata il 29 gennaio del 1962 a Sulechów, nella Polonia Occidentale, Olga Tokarczuk è una terapeuta mancata. La sua formazione di psicologa, però, traspare nelle opere che l’hanno portata a diventare una delle voci letterarie più famose della Polonia. Tradotta in oltre trenta Paesi, Tokarczuk ha vinto il Man Booker International Prize 2018 con il libro I vagabondi, tradotto in italiano da Barbara Delfino per Bompiani. Militante nei Verdi, animalista convinta e proprietaria di una casa editrice privata, Ruta, la scrittrice ha incantato i lettori con la sua narrativa capace di amalgamare con maestria elementi mistici, critica sociale e poesia, proponendo uno sguardo sul mondo che attinge sì alla storia e al vissuto comune, ma con un approccio anarchico e profondamente umano.

Peter Handke, invece, nasce a Griffen, in Carinzia, il 6 dicembre del 1942 da padre austriaco e madre di minoranza slovena, una differenza che ha profondamente influenzato la sua variegata produzione letteraria. Le sue pièces teatrali, raccolte di racconti, romanzi, ma anche saggi, poesie e sceneggiature ci trasmettono un’immagine complessa di un autore che non ha mai avuto paura di mettere alla prova i suoi lettori con una scrittura densa ed evocativa, figlia di una conoscenza profonda della lingua e dei suoi artefici stilistici. Amico e collaboratore di Wim Wenders, a lui dobbiamo la celebre poesia citata ne Il Cielo sopra Berlino. Spesso al centro di polemiche dovute a sue dichiarazioni politiche, nel 2014 aveva commentato che il premio Nobel andrebbe abolito, in quanto porterebbe solo a un momento di attenzione, nelle pagine dei giornali senza giovare davvero alla letteratura.

Parliamo senza dubbio di due autori diversi che, però, condividono un aspetto fondamentale: l’amore e la devozione verso la poesia del linguaggio, che traspare da una capacità straordinaria di plasmare la materia narrativa andando oltre ai generi, alla geografia e ai canoni imposti dalla letteratura.

Abbiamo selezionato quattro opere indicative della loro produzione, imperdibili per chi vuole avvicinarsi per la prima volta ai due scrittori.

Nella quiete del tempo (2013)

Al centro dell’universo, protetto dall’occhio attento di quattro arcangeli, si trova il villaggio di Prawiek. Qui, tra personaggi bizzarri, in un paesaggio mistico e apparentemente indefinito, si compie inesorabile il destino del secolo scorso: gli abitanti di questo paese nascono, vivono, invecchiano e muoiono, governati da un Dio mosso dall’egoismo e dalla noia. La Spigolatrice, vecchia contadina alle prese con una figlia selvaggia, Popielski, nobile impegnato a giocare a un misterioso gioco da tavola, Ruta, capace di riconoscere il suono del cuore della terra e molti altri si ritrovano così a condividere le sorti del Novecento. Il romanzo, narrata dal punto di vista degli arcangeli, esplora alcuni archetipi dell’immaginario umano, offrendo uno spaccato unico sulle nostre emozioni e sulla nostra storia con la delicatezza, lo straniamento e l’abilità narrativa tipici della scrittrice polacca.

I Vagabondi (2018)

Non è propriamente esatto definire I Vagabondi un romanzo: si tratta, piuttosto, di un racconto itinerante senza destinazione in cui la scrittrice ci accompagna tra luoghi e personaggi da scoprire e in cui riscoprirsi, un’ode al cambiamento e al nomadismo che è inevitabilmente parte della condizione umana. Nelle prime pagine, l’autrice racconta ai lettori che da piccola desiderava essere una barca sul fiume Oder, in balia di un eterno movimento. La narrazione scorre guidata dalle correnti, lambendo le vite di donne e uomini spinti dal destino a spostarsi e mutare i propri riferimenti: i vagabondi del titolo, i bieguni, nomadi slavi che vivono sulla strada affidandosi alla benevolenza di chi incontrano sul loro cammino; Ludwika, sorella di Chopin, che intraprende un viaggio da Parigi a Varsavia per seppellire in patria il cuore bianco del compositore, ormai informe ed esangue; oppure la storia di Soliman, rapito ancora bambino dalla Nigeria e portato alla corte d’Austria, impagliato alla sua morte e messo crudelmente in mostra come un uccello raro. Una costellazione di storie di vita che costituisce l’atlante di una geografia umana in perenne evoluzione e mutamento.

Infelicità senza desideri (1972)

Cosa spinge una donna a suicidarsi? Cosa spinge una madre a suicidarsi? Ma soprattutto, cosa spinge la propria madre a suicidarsi? Dopo sette anni dalla scomparsa della madre a seguito di un’overdose di farmaci, appresa da un breve trafiletto su un giornale locale, Handke decide di ripercorrerne la vita, nel tentativo di resistere a due sentimenti opposti: da un lato, il desiderio di assimilare la notizia superando così il trauma, dall’altro il bisogno di lasciarsi travolgere dal dolore e dalla terribile ineluttabilità dell’accaduto. In una delle sue prime e tuttora più apprezzate opere, Handke cerca di assolvere la madre dal gesto compiuto, elevandola a simbolo di una condizione umana senza riuscire a liberare se stesso dalla rabbia e dallo spaesamento causati dalla violenta e irreparabile manifestazione dell’infelicità materna.

I giorni e le opere (2018)

Perché leggere? Perché scrivere? In questo libro-biografia, Peter Handke ripercorre oltre 50 anni di una carriera segnata dalla passione e dal coraggio di mettersi continuamente in discussione. Proprio come i vagabondi di Tokarczuk, anche l’autore non ha mai cessato di esplorare, di partire per cambiare prospettiva sul mondo e sulla scrittura. Dai suoi racconti emergono le sue origini di austriaco carinziano molto influenzato dalla cultura slava della madre, terreno fertile per la sua inarrestabile creatività, ma anche il suo animo di flâneur, sempre pronto a varcare confini geografici e artistici tra cinema, poesia, teatro e letteratura. Una confessione intima sull’amore per la letteratura in quanto specchio dell’innato desiderio di conoscenza del mondo e del lato più profondo del nostro essere umani.

Eugenia Durante ha tre personalità: la prima traduce testi di marketing, alta moda, sottotitoli per film e libri; la seconda lavora come copywriter e editor per aziende e privati; la terza scrive di letteratura, linguistica e musica per riviste e testate online. Ha collaborato con VICE, Vanity Fair, Rolling Stone, il Mucchio e lavorato a Londra come vice editor per IQ Magazine.

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